Tredicesimo giorno di guerra in Ucraina. La giornata internazionale della donna non potrebbe essere più sfregiata di così dalla drammatica realtà delle immagini che ci documentano l’esodo di donne e bambini dalle città ucraine assediate dall’esercito russo. Appare stridente la contraddizione tra la condizione delle donne occidentali che lottano per diritti ancora non pienamente raggiunti in ambito economico, politico, sociale e la condizione delle donne nel resto del mondo che stanno lottando per la loro sopravvivenza e quella delle loro figlie e dei loro figli. Ma forse non si devono confondere i piani, i parametri di valutazione, i criteri. Non si possono fare paragoni uguali tra disuguali nel mondo. In tutti questi giorni dall’inizio dell’invasione armata mi sono chiesta più volte cosa ci rende più sensibili, cosa ci fa sentire queste donne e questi bambini più vicini al nostro cuore, più in dovere di intervenire, fornire aiuti, accoglienza, rifugio. Sono forse scattate in modo corale le stesse iniziative per le donne e i bambini sfiniti dai dieci anni di guerra in Siria? E cosa si sta facendo concretamente per le donne afghane dopo l’abbandono delle forze armate americane in quei territori? E per tutte le varie e cruente guerre dei Paesi africani con migliaia di donne violentate e uccise? Perché questa volta tutto l’occidente, l’Europa in primis, si sente più coinvolto? La risposta dei media è inconfutabile e ovviamente condivisa: improvvisamente e violentemente sono stati messi in discussione i valori universali della libertà, della autodeterminazione dei popoli, della democrazia come avevamo pensato si fossero ormai stratificati nella storia europea dalla fine della seconda guerra mondiale (a parte naturalmente la guerra dei Balcani, anche quella però vissuta come “fatti loro”, pulizie etniche comprese! Non fosse stato che il nostro confine era all’epoca potenzialmente più esposto al rischio di effetti collaterali e che sentivamo i caccia bombardieri della base di Aviano passarci sopra la testa, l’avremmo rimossa anche noi come ha fatto il nostro attuale ministro degli Esteri.)
Ma io temo che la realtà sia più cinica: questi profughi, queste donne, questi bambini ci assomigliano. Di più: ci immedesimiamo di più con loro perché temiamo che potremmo prima o poi essere noi al loro posto. Sono caucasici, vivono in città come le nostre, hanno una lunga tradizione e storia artistica, accademica, scientifica…insomma gli stessi, o quasi, stili di vita…E se davvero dovesse capitare anche a noi di non aver più una casa, un familiare , del cibo, una medicina?
Il sospetto che stia avvenendo sotto i nostri occhi una ulteriore discriminazione tra vittime sorge spontanea. Le nazioni vicine all’Ucraina si stanno dimostrando solidali e accoglienti con le donne e i bambini in fuga dal massacro dei civili che si sta perpetrando da parte dell’esercito russo. Noi italiani pure. Pure la nostra governance regionale attesta la propria disponibilità ad accogliere profughi ucraini in termini assertivi e, a mio avviso, totalmente incoerenti con precedenti posizioni contro profughi stremati dalle rotte balcaniche… Anche tra le vittime dell’ingiustizia del mondo si creano gerarchie… tra gli ultimi resta sempre qualcuno “più ultimo”degli altri…Ciò non significa che non ritenga indispensabile ora aiutare le donne e i bambini in fuga dalla guerra in Ucraina. Cosi come continuo a sperare che le varie delegazioni diplomatiche riescano nella missione impossibile del “cessate il fuoco”. Nel nostro piccolo e anche come associazione, abbiamo partecipato alla manifestazione che si è tenuta ad Udine organizzata dalle associazioni della città, della provincia e della regione il 26 febbraio scorso, per testimoniare il nostro rifiuto della guerra e la difesa dell’art. 11 della nostra Costituzione.
Ancora sgomenta per i gravi fatti in corso non mi sono sentita di fare l‘unico intervento che non sembrasse ridondante rispetto alle parole autorevoli già espresse nel corso della manifestazione. Avrei fatto ai presenti la domanda che dal primo giorno di guerra mi sono fatta io: ma se io dovessi riempire in un’ora una valigia per salvare la vita , cosa metterei dentro? Ho fatto e rifatto decine di volte l’elenco , anche documentandomi in internet, cambiando ogni volta la necessità delle cose da salvare…ma sempre ,SEMPRE, non riuscivo a far stare dentro la valigia pezzi di vita, magari senza valore per me importantissimi..oggetti insignificanti o foto o ricordi di famiglia per me preziosissimi..
Salvare la vita è fondamentale. Ma poi saprei reggere il macigno del ricordo di chi o di quanto si è perduto? Non so darmi una risposta e mi auguro, e lo auguro a tutti noi, di non doverlo fare mai…
Un augurio comunque a tutte le donne e agli uomini che non limiti solo all’8 marzo il rispetto, la capacità d’ascolto, la responsabilità delle azioni positive.
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