Prendendo spunto dal precedente post “conciliazione famiglia lavoro” e dal pedissequo mio commento, riporto dei dati estrapolati da un articolo letto sulla Repubblica sull’imprenditoria femminile degli ultimi anni, meritevoli di attenzione. E ciò con la finalità di instillare una necessaria visione positiva sulle possibilità di lavoro delle donne che funga da spinta al miglioramento, alla creazione di speranze ormai sopite, alla rinascita di stimoli e impulsi nuovi.
Partiamo dall’analisi di una realtà molto conosciuta e già molto discussa: le donne sono penalizzate sul lavoro, guadagnano di meno rispetto ai colleghi maschi, hanno lavori più precari. La causa di ciò è indubbiamente l’onere, tutto a carico totalmente delle donne, di dover conciliare lavoro e famiglia problematica che non tocca, se non in rari casi, gli uomini ai quali perciò vengono affidati lavori stabili, a tempo pieno e con posizioni più elevate.
In questo grigio panorama si ergono poche isole felici quali le modernissime e civilissime Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia e Irlanda. Nella classifica generale per il divario di genere l’Italia si posizione all’80° posto, al 101° per la partecipazione economica e le opportunità; per il divario di reddito ci posizioniamo dopo Trinidad, Tobago e Kirghizistan!!!!!!!!!!!
Ma eccoci alla buona notizia: le cose stanno iniziando a cambiare. Le donne, stanche di rimanere relegate ai margini del mondo lavorativo o addirittura escluse, vogliono un posto di primo piano e si trasformano in imprenditrici.
In Italia le lavoratrici autonome arrivano al 16% contro una media europea del 10% (dati dell’Associazione Bancaria Italiana). In un anno – dal 2012 al 2013 – sono nate più di 10 mila imprese guidate da donne (dati dall’Osservatorio Unioncamere) per un totale di 1.424.798 imprese femminili, ossia quasi un quarto di tutte le aziende nazionali. Le ditte gestite da donne sono cresciute più del triplo (0,7%) dell’imprenditoria italiana (0,2%).
Questo perché?
Le donne sono più brave nel lavoro.
Una ricerca del Ministero dell’Economia tedesco ha appurato che le imprese guidate da donne crescono più lentamente ma sono più solide, rendono felici i dipendenti dimostrando sensibilità per il problema della conciliazione tra lavoro e famiglia e presentano un tasso di insolvenza minore.
Le donne hanno uno sguardo d’insieme, riescono a fare più cose alla volta, sanno pensare d’anticipo e hanno doti comunicative; di contro, gli uomini affrontano una cosa alla volta, concentrandosi su ogni dettaglio prima di passare alla cosa successiva riuscendo con tale modalità a gestire sistemi complessi ma mancano di capacità relazionali e doti comunicative. Si parla in tali casi di abilità “savant” che hanno alla base un modello cognitivo che si focalizza sui dettagli con scarsa attenzione alle proprie emozioni e a quelle altrui (abilità proprie delle persone affette da autismo).
E così cade il mito secondo il quale per fare carriera bisogna comportarsi come un uomo. Le donne invece sanno conquistare il mercato del lavoro anche grazie alla sensibilità, alla lungimiranza, alla comunicazione multifunzionalità che le contraddistingue e che gli uomini non hanno.
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